"Noi siamo ciò che mangiamo"

Merceologia alimentare

IL PANE

Il grano.

Il grano, assieme a riso, granturco, segale, orzo ed avena, fa parte dei cereali.
Le numerose specie di grano presenti in natura sono suddivise in due classi fondamentali:

Dalla macinazione del grano tenero, con endosperma friabile e farinoso (Triticum vulgare), si ottengono le farine, adatte soprattutto per fare il pane e i prodotti da forno, mentre dal grano duro, con endosperma duro e vitreo (Triticum durum), si ottengono come sfarinati le semole ed i semolati, utilizzati dai pastifici per la produzione di paste alimentari.

Gli sfarinati (D.P.R. n. 187/2001)

In base alla legislazione italiana, in definitiva, per " sfarinato " si deve intendere tutto ciò che si ottiene dalla macinazione del grano, e precisamente, come già detto, le farine dal grano tenero, e le semole ed i semolati dal grano duro.

Con l'aggiunta di acqua e con la lavorazione della pasta, le proteine contenute in diverse quantità sia nel grano tenero che in quello duro si trasformano in glutine. La % di glutine aumenta con la lavorazione fino ad un certo punto, detto “rottura del glutine”; oltre questo punto, proseguendo nella lavorazione, la pasta tende a sfaldarsi. Dal grano duro si forma più glutine che dal grano tenero.

Il glutine conferisce elasticità al pane e alla pasta: l’elasticità della “mollica” del pane, e l’elasticità della pasta lunga, tipo vermicelli, all’azione di piegamento, ne sono una conferma; inoltre, la pasta ricca di glutine resiste meglio alla “prova di cottura”.

Per gli sfarinati, oltre che il glutine, è importante anche il tasso di estrazione, cioè la quantità di farina che si ricava dalla macinazione di 100 kg di grano. In pratica, più è basso il tasso di estrazione e più la farina è raffinata.

La farina tipo "00" costa di più perché, anche se produce meno glutine, ha un tasso di estrazione minore. Maggiore è il numero relativo al grado di macinazione (ad esempio, di tipo 1 o di tipo 2), meno la farina risulta raffinata e setacciata, e contiene inoltre più proteine per formare glutine; perciò, nell'uso professionale artigianale, si preferisce quindi usare farine di tipo "1" o addirittura "2" perché rendono più elastica la lavorazione.  

Per gli sfarinati degli altri cereali, è richiesta la specificazione della materia prima, es. farina di mais (gialla, da granoturco comune; o bianca, dal mais bianco), farina d’orzo, di riso, di castagne.

Per capire le differenze tra i vari tipi di sfarinati, occorre tener presente, oltre l’origine dello sfarinato ( e cioè se proveniente dalla macinazione di grano tenero o dalla macinazione di grano duro), anche per quale prodotto finale è utilizzato (se per pane, o paste alimentari, o per dolci), ed il grado di macinazione e di abburattamento (setacciatura) che più si adatta all’utilizzo desiderato.

Macinazione del grano.

 

Il grano intero viene macinato nei molini per ottenere sfarinati da utilizzare nei panifici e nei pastifici.

Caricando nel molino grano tenero si ottengono farine di tipo 00, o tipo 0, o tipo 1, o tipo 2.
Caricando grano duro, si ottengono semole e semolati per fare la pasta, e farina di grano duro per il pane.
Gli sfarinati integrali (e cioè, la farina integrale e la semola integrale) in realtà sono solo “ricomposti” da farina e crusca, e non sono ottenibili per macinazione diretta della cariosside intera, perché i molini moderni sono predisposti oggi per ottenere solo farine bianche raffinate.

Nel processo di macinazione e raffinazione, i grani passano sia attraverso coppie di cilindri (laminatoi) variamente rigati o lisci, e a diversa velocità, e sia attraverso una serie di stacci vibranti (semolatrici).
I laminatoi e le semolatrici stanno in successione gli uni agli altri, ed il grano caricato compie un percorso più o meno lungo a seconda del tipo di sfarinato che si vuole ottenere; si può anche regolare la “ luce ” esistente tra le coppie di cilindri.

Nel processo di macinazione, la parte esterna (crusca) del chicco viene separata dalla parte interna amidacea, ottenendo farine più o meno raffinate ( e cioè, tipo 00, 0, 1, e 2).
Però, con questo processo di raffinazione si perde buona parte delle vitamine B1, B2, B6, e PP, inizialmente presenti nella parte esterna del chicco, oltre alla fibra e al 60% delle sostanze minerali.
Per questo motivo, in alcuni Paesi è consentito (ma in Italia è vietato) aggiungere a fine lavorazione le sostanze perse. Negli ultimi decenni hanno riacquistato importanza i prodotti integrali (pane, pasta, biscotti, ecc), per l’azione benefica della fibra alimentare, presente nella crusca, che, come visto, è aggiunta a fine lavorazione.

Di seguito, la classificazione e la descrizione delle farine e degli sfarinati(D.P.R. 187/2001):

  1. Farina di grano tenero:
      prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità; in ordine decrescente del grado di macinazione, sono messi in commercio i seguenti tipi:
    • Tipo 00, per dolci.
    • Tipo 0, per il pane comune.
    • Tipo 1, per biscotti e grissini.
    • Tipo 2, usata dai laboratori di produzione di paste alimentari fresche
  2. Farina integrale di grano tenero, per il pane integrale.
      bla bla bla bla
  3. Semola
      prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro; è il componente principale delle paste alimentari.
  4. Semolato
      prodotto ottenuto dopo aver separata la semola, per abburattamento e macinazione del residuo; è un prodotto più scadente della semola.
  5. Semola integrale
      prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro; è il componente principale delle paste alimentari.
  6. Farina di grano duro
      bla bla bla
  7. Di tutti quelli nominati, i prodotti di gran lunga più importanti e più consumati sono le farine di grano tenero e di grano duro e le semole.

    L’umidità massima ammessa, sia per le farine di grano tenero che per gli sfarinati di grano duro, è del 14,5%.Nota. Si tenga presente che per le paste alimentari secche si usano come sfarinati di grano duro prevalentemente le semole; l’alto tenore di vita e la concorrenza automaticamente mettono in sottordine l’utilizzo degli altri sfarinati, e cioè dei semolati e della farina di grano duro, che non reggono alla prova di cottura; la semola integrale è utilizzata a scopi dietetici, ad esempio, per favorire il transito intestinale.    

    Il pane (D.P.R. n. 187/2001).

       

    Il pane è il più antico (furono gli antichi Egizi i primi a farlo) ed il più importante alimento dell’uomo.

    Il pane è il prodotto ottenuto dalla cottura di una pasta convenientemente lievitata , preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune.

    Normalmente, per il pane comune si adopera la farina di grano tenero di tipo 0, che viene indicato con il semplice nome di “pane”. Però, il pane può essere prodotto anche con le farine di grano tenero di tipo 00, tipo 1 e tipo 2, con semola o semolato di grano duro.

    Se il pane è ottenuto dalla miscelazione di diversi tipi di sfarinati, deve essere denominato "pane di …", o  "pane al …",, seguito dal nome dello sfarinato caratterizzante usato; esempi: pane di tipo 1, pane alla semola, pane al semolato; se si utilizza farina integrale, si dice "pane di tipo integrale".

    Il pane: preparazione, tipologie, caratteristiche.

    Il pane viene preparato impastando la farina con acqua, tal quale o salata, e aggiungendo il lievito di birra.

    Dopo l’impasto, si fa la pezzatura, e cioè si procede al taglio e alla formatura dei singoli pezzi, ad esempio “rosette”, e poi si lascia a lievitare alla temperatura ottimale di 30°C.

    Durante la lievitazione, avvengono importanti reazioni biochimiche, e le forme dell’impasto si gonfiano per lo sviluppo di gas. L’ultima fase è la cottura, che avviene o in forni a riscaldamento diretto (che si trovano già alla temperatura giusta, in genere intorno ai 350°C), o in forni a riscaldamento indiretto, in cui il pane è portato gradualmente alla temperatura adatta, in genere tra 200 e 270°C.

    Durante la cottura, continuano le reazioni (la formazione dei “buchi” nella mollica del pane è dovuta alla fuoriuscita del vapor d’acqua proveniente dall’impasto e degli altri gas formatisi durante la lievitazione (con il caratteristico rigonfiamento); la cosiddetta “crosta”, caratteristica del pane, è dovuta a reazioni chimiche, che avvengono a temperature più alte).

    Se ben lievitato e ben cotto, (e se la farina è di buona qualità – ma anche le caratteristiche organolettiche dell’acqua hanno influenza! - ), si ha un “buon” pane, e cioè un pane leggero, soffice, profumato, e con crosta friabile.

    La legge consente anche la produzione di pane parzialmente cotto, e dopo sottoposto a surgelazione, oppure no, purchè sulla confezione c’è, oltre alle altre indicazioni (tipo di pane e di farina utilizzata, prezzo, ecc), anche la scritta: pane parzialmente cotto surgelato, oppure pane parzialmente cotto (che ovviamente si mantiene per meno tempo). Se al momento dell’impasto, si aggiungono altri ingredienti, si ha il pane speciale, che viene detto appunto “pane speciale all’…”, ad es. p. spec. all’olio, o al burro, al latte, all’uva passa, ecc.

    Per il pane speciale al burro, o all’olio, o con altri grassi consentiti dalla legge, la % di grassi non deve essere inferiore al 3% , riferito alla sostanza secca.

    Il pane viene prodotto in varie pezzature, e cioè con diverse dimensione e forme dei pezzi, e l’umidità massima consentita per legge dipende dalla pezzatura, dal 29% fino a 70 grammi, fino al 40% oltre i 1000 grammi.Legge sul pane: D.P.R. 187/2001 (la stessa per la pasta, e gli sfarinati).